APOL

A.P.OL.

SOCIETÀ COOPERATIVA - LECCE

Reg.CE n. 867/08 mod. dal Reg. UE n. 1220/11 - ANNUALITA’ 2013/2014

BOLLETTINO INFORMATIVO N. 12 - Dicembre 2013

SOMMARIO

  1. Come decidere il momento della raccolta
  2. L’innovazione tecnologica al servizio della fertirrigazione
  3. In diminuzione la produzione di olio d’oliva nel 2013/2014

1. Come decidere il momento della raccolta

La raccolta è un’operazione fondamentale nella gestione dell’oliveto per i suoi effetti sulle caratteristiche dell’olio e, di conseguenza, sui risultati economici.
Le tecniche agronomiche che normalmente vengono praticate nell’oliveto interagiscono con il processo di maturazione delle olive modificandone l’accumulo delle principali componenti che variano non solo a seconda della varietà dell’olivo, ma anche in relazione ad altri fattori quali l’andamento climatico, la natura del terreno e l’epoca della raccolta.
Le pareti cellulari costituite da sostanze pectiche preservano l’olio, contenuto nei vacuoli, dal contatto con i complessi enzimatici responsabili di processi endogeni che provocano alterazioni ossidative e idrolitiche. Queste alterazioni vanno a modificare negativamente quelle componenti dalle quali successivamente dipende la qualità dell’olio. La consistenza della polpa, misurabile come resistenza alla penetrazione e quantificabile mediante uno strumento (penetrometro), è un indicatore per valutare il grado di maturazione delle olive. Il valore della consistenza diminuisce progressivamente nel corso della maturazione stessa, contemporaneamente alla modificazione dei polisaccaridi strutturali che fanno parte del complesso peptico. In particolare, i biofenoli delle olive diminuiscono nelle ultime fasi della maturazione, mentre gli antociani registrano, per contro, un incremento notevole.
E’ evidente, quindi, che le concentrazioni di molte componenti responsabili della qualità dell’olio presenti nelle olive aumentano tendenzialmente con l’intensificarsi della pigmentazione del frutto (invaiatura) che, di fatto, rappresenta il più immediato indicatore del grado di maturazione, fino ad arrivare a un livello oltre il quale si verifica una inversione di tendenza.
L’esempio è dato dalla composizione in acidi grassi che nel corso della maturazione delle olive registra una diminuzione dell’acido palmitico e un aumento dell’acido oleico. Questo andamento determina un aumento del rapporto acidi insaturi-saturi nelle prime fasi della maturazione che, com’è noto, costituisce un requisito di primaria importanza per la qualità dell’olio.
La fase successiva alla pigmentazione superficiale rappresenta lo stadio di trasformazione fisiologica e anatomica del frutto e ha come effetto la diminuzione delle clorofilla e dei costituenti volatili fenolici, con la conseguente tendenza all’appiattimento organolettico dell’olio che verrà estratto.
Queste sintetiche indicazioni sulle componenti presenti nel frutto permettono di conoscere anticipatamente l’andamento di alcuni dei principali parametri che avvengono nel corso della maturazione delle olive e che concorrono in modo determinante all’affermazione della “qualità” di un olio. Ne consegue che, se si vuole conservare inalterata la composizione chimico-organolettica del frutto, è necessario che l’olivicoltore ponga massima attenzione nel valutare il momento ottimale della raccolta.
Questa valutazione, risulta essere della massima importanza non solo nei confronti delle qualità organolettiche dell’olio, ma anche della quantità stessa di prodotto che si può ottenere. E’ ormai dimostrato, infatti, che la quantità di olio ottenibile dalle cultivar di olivo presenta un andamento diverso in funzione dell’evoluzione della maturazione delle olive (inolizione) e, pertanto, diviene opportuno monitorare continuamente lo stato della pigmentazione del frutto per definire il momento ottimale che permette di ottenere la massima quantità e la migliore qualità della produzione.
Semplificando, le varietà con invaiatura precoce e con perdita di consistenza della polpa, accumulano consistenti quantità di olio se queste due fasi avvengono in condizioni climatiche favorevoli. Per le varietà nelle quali le due fasi si verificano tardivamente, invece, l’accumulo dell’olio avviene sino a quando le condizioni climatiche lo consentono e comunque per lo più in frutti ancora con modesti livelli di pigmentazione e con polpa consistente.
Le componenti del frutto, le modificazioni che avvengono nel corso della maturazione e l’epoca della raccolta rappresentano quindi tre elementi di primaria importanza per ottimizzare il rapporto quantità/qualità della produzione olivicola da cui dipende l’eccellenza o meno dell’olio extravergine che si va ad ottenere. Particolare attenzione va posta, inoltre, all’integrità morfologica del frutto durante la raccolta, alle modalità del trasporto sino al frantoio e alla tempestività di molitura delle olive.
Fonte: elaborazione APOL da AA.VV.


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2. L’innovazione tecnologica al servizio della fertirrigazione

La fertirrigazione si è rivelata una soluzione tecnica (ma è anche una pratica agronomica), che permette di modulare di volta in volta le quantità dei diversi elementi fertilizzanti necessari per formulare piani di concimazione in funzione delle diverse fasi fenologiche della pianta, del pH del terreno, della qualità delle acque, della solubilità degli elementi minerali e di altri fattori.
Con la fertirrigazione si può, quindi, dosare meglio l’apporto di unità fertilizzanti rendendole immediatamente disponibili per l’assorbimento da parte delle radici, a differenza di quanto si verifica con i concimi in polvere o granulari che, invece, possono subire la retrogradazione del fosforo, l’insolubilizzazione del potassio e la trasformazione in stato gassoso dell’azoto se il terreno non possiede un elevato grado di umidità.
Processi, questi ultimi, non facilmente quantificabili che inducono l’olivicoltore ad abbondare nella quantità di concimi da distribuire con il risultato che, oltre a far aumentare il costo dell’operazione, innescano nell’olivo squilibri fisiologici con conseguenze sullo stato vegetativo e produttivo della pianta.
La fertirrigazione consente invece di ottimizzare il rapporto fra le unità fertilizzanti principali (N, P e K) e l’apporto di microelementi (rame, ferro, zinco, magnesio, boro), facilitando in tal modo il superamento dei momenti critici dell’olivo in alcune fasi come la fioritura e l’allegagione.
La scelta del concime idrosolubile deve essere fatta tenendo in evidenza lo stato della qualità e della purezza delle acque utilizzate per l’irrigazione, la velocità di solubilizzazione e il grado di solubilità che, com’è noto, dipende dalla temperatura dell’acqua.
Fra i concimi azotati, l’urea è la più utilizzata grazie all’elevata concentrazione di azoto, al costo più basso dell’unità fertilizzante rispetto agli altri azotati, all’elevata solubilità e alle limitate perdite per percolazione.
In linea di principio, quando la fertirrigazione azotata viene effettuata all’inizio del ciclo vegetativo della pianta, essendo la temperatura ancora bassa, è opportuno impiegare formulati a base di azoto nitrico o ammoniacale.
La decantazione dei fosfati insolubili avviene quando vengono utilizzati il fosfato-monoammonico (PMA) o il fosfato-diammonico (PDA) con acque di irrigazione ad elevato contenuto di calcio e di magnesio che possono provocare l’occlusione degli erogatori e il cattivo funzionamento delle valvole.
L’acido fosforico, oltre a liberare nel terreno quantità di fosforo necessarie all’olivo, abbassa il pH della soluzione fertilizzante ed elimina le incrostazioni calcaree e fosfatiche della rete irrigua.
Riguardo ai formulati a base di potassio, vengono generalmente utilizzati il nitrato di potassio per la buona solubilità e per la quantità di azoto contenuta, mentre il cloruro di potassio può creare a volte alterazioni fisiologiche alla pianta ma fornisce il potassio a un prezzo più basso rispetto agli altri formulati.
I microelementi sono unità fertilizzanti sotto forma di chelati e di solfati e vengono utilizzati nella fertirrigazione per correggere carenze nutritive che possono riscontrarsi nella pianta; devono essere preventivamente sciolti e aggiunti in soluzione nel serbatoio erogatore dell’impianto.
La regola fondamentale nella pratica della fertirrigazione è che l’apporto della soluzione nutritiva deve essere effettuato con uniformità. Questo risultato si ottiene grazie all’evoluzione tecnico-costruttiva avvenuta nelle pompe dosatrici e negli erogatori dotati di sistemi autocompensanti che non si limitano a dosare in modo volumetrico la soluzione stessa, ma che determinano anche la proporzionalità del quantitativo preventivamente calcolato nel software del computer.
La proporzionalità nell’erogazione è resa possibile grazie alla computerizzazione delle diverse operazioni che contraddistinguono la funzionalità dell’impianto irriguo o di fertirrigazione e all’utilizzo di sensori che rilevano il pH e la conducibilità elettrica (EC) che misura la concentrazione ionica della soluzione nutritiva: sensori di cui sono dotate le sonde.
Tali innovazioni tecnologiche riguardano soprattutto pompe, dosatori e valvole che vengono gestiti da centraline elettroniche o computerizzate (banchi di fertirrigazione).
L’immissione di fertilizzanti può avvenire mediante pompe iniettrici azionate da energia meccanica ricavata dalla pressione dell’acqua nella tubazione, oppure da quella elettrica.
I banchi di fertirrigazione con fertirrigatori computerizzati consentono di formulare soluzioni nutritive con percentuali quantitative variabili delle unità fertilizzanti. Questa soluzione tecnologica permette di gestire, contemporaneamente, l’irrigazione e la fertirrigazione, di variare la reazione pH e EC nel corso delle 24 ore, di utilizzare diversi tipi di acqua (piovana, di falda, ecc.) anche miscelate in base a un prestabilito programma, di controllare e di regolare la frequenza e la durata dell’intervento irriguo in base al fabbisogno idrico dell’olivo utilizzando sensori, di registrare i dati relativi ai consumi idrici, all’evotraspirazione della pianta e ai volumi delle soluzioni di drenaggio.
In definitiva, la tecnologia dei banchi di fertirrigazione consente un dosaggio preciso delle formulazioni nutritive mediante la miscelazione automatica della soluzione madre (acqua + fertilizzante) per la preparazione della soluzione figlia a partire da due fino a più soluzioni madre e di una soluzione acida per la correzione del pH. Per ogni formulato, infatti, possono essere specificamente programmati i rapporti nutritivi fra la soluzione madre, l’EC e il pH desiderati.
Va tenuto sempre presente, infine, che la concentrazione totale degli elementi fertilizzanti non deve superare i cinque grammi per litro, e devono essere preventivamente sciolti e miscelati prima di essere immessi nella rete di erogazione
Fonte: agricoltura24


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3. In diminuzione la produzione di olio d’oliva nel 2013/2014

La produzione oleicola del 2013 non supererà le 500mila t con un calo di circa l’8% rispetto al 2012. La riduzione sembra essere tutta meridionale con cali sensibili, mentre Centro e Nord incassano aumenti anche a due cifre come in Umbria, +30%, e in Toscana, +20%.
Le stime formulate da ISMEA, in collaborazione con AIFO, CNO e UNAPROL per la campagna olivicola 2013-2014, hanno colto di sorpresa in quanto fino a settembre era atteso un buon raccolto. Ma il protrarsi del clima caldo-umido ha favorito in diverse aree olivicole lo sviluppo della mosca olearia e di altre avversità costringendo gli olivicoltori a intervenire con trattamenti supplementari.
In generale, si legge nel rapporto ISMEA, si registra un ritardo di vegetazione di circa 15-20 giorni. A peggiorare il quadro hanno concorso altri elementi, dalla siccità in aree non irrigue alla comparsa del batterio Xylella fastidiosa negli uliveti del Salento, già interessato da una scarica produttiva fisiologica.
Intanto, nonostante la flessione produttiva, si registra un calo sensibile dei prezzi in Italia e all’estero, legato al forte aumento della produzione spagnola. Il calo dei prezzi e la previsione di un ulteriore ribasso sta così spingendo molti olivicoltori, soprattutto non professionali, ad abbandonare la raccolta, una delle voci più rilevanti dei costi di produzione. Purtroppo la mancata raccolta si riflette sullo stato vegetativo delle piante compromettendo anche la produzione dell’anno successivo.
Tra le regioni colpite dalla riduzione di produzione spicca la Puglia con 181mila t di prodotto (-5%), la Calabria con poco più di 106mila t (-20%) e la Sicilia con circa 44mila t (-10%), regioni che insieme rappresentano il 70% della produzione oleicola nazionale. Ancora più deludente la Sardegna con 5.500 t mentre la Campania, terza, dietro Puglia e Calabria, conferma il livello dell’anno scorso con oltre 44mila t. Nel Mezzogiorno le uniche regioni in controtendenza sono Molise (+15%) e Basilicata (+10%).
Disomogeneo il quadro produttivo nel Centro. Crescono Umbria e Toscana, rispettivamente del 30% e 20%, mentre scendono del 10% le Marche e del 5% il Lazio, primo polo produttivo dell’area. Positivo il dato di produzione dell’Abruzzo, con più di 19mila t di olio (+5%).
Da rilevare, a Nord, gli incrementi a due cifre della Liguria (+20%) e dell’area lombardo-veneta, a fronte di una produzione invariata negli oliveti dell’Emilia-Romagna.
Fonte: elaborazione APOL su dati ISMEA


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