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A.P.OL.

SOCIETÀ COOPERATIVA - LECCE

Reg.CE n. 867/08 mod. dal Reg. UE n. 1220/11 - ANNUALITA’ 2014/2015

BOLLETTINO INFORMATIVO N. 5 - Maggio 2014

SOMMARIO

  1. L’importanza del travaso e della filtrazione per la conservazione dell’olio
  2. I marcatori molecolari rivelatori di frodi
  3. DPGR n. 226/2014: interventi di prevenzione incendi negli oliveti

1. L’importanza del travaso e della filtrazione per la conservazione dell’olio

Trasferire nell’olio integralmente e inalterate le componenti contenute nelle olive, e mantenerle tali durante lo stoccaggio prima del confezionamento, rappresenta uno dei punti critici della fase finale della filiera. È opportuno, quindi, che la conservazione dell’olio avvenga in condizioni ambientali ottimali e che i contenitori, preferibilmente in acciaio inox, siano dotati di sistemi monitorati in grado di controllare e di regolare, mediante specifici dispositivi, eventuali processi di ossidazione o altre anomalie che si possono innescare al loro interno che potrebbero modificare le originarie caratteristiche chimiche, fisiche, organolettiche e sensoriali del prodotto.

Nell’ambito delle alterazioni che si possono verificare durante la conservazione l’ossidazione degli acidi grassi rimane la più frequente ed è origine della formazione di perossidi: composti la cui decomposizione genera sostanze volatili che modificano sostanzialmente le proprietà nutraceutiche dell’olio, provocando, inoltre, il difetto di rancido alla percezione sensoriale. Particolare precauzione va riservata alla fase di fermentazione anaerobica di sostanze in sospensione nell’olio o depositate sul fondo dei contenitori di stoccaggio: fermentazione che attiva il degrado chimico-organolettico del prodotto, dando origine a difetti di morchia, putrido e fermentato dovuti a batteri lattici e al Clostridium. Nonostante l’innovazione tecnologica adottata nell’impiantistica olearia, si può verificare che il separatore centrifugo non effettui una netta separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione, con il risultato di ottenere oli contenenti impurità naturali (frammenti di polpa, colloidi, acqua, ecc.), in sospensione o in microemulsioni nella massa oleosa, che ne alterano la serbevolezza e conferiscono al prodotto una trasparenza torbida o velata. Quest’ultimo aspetto viene purtroppo ritenuto dai consumatori non informati una garanzia di “prodotto naturale” che mantiene integre tutte le proprietà nutraceutiche, ma in realtà provoca effetti irreversibili delle percezioni sensoriali. La prima fase della conservazione, nota anche come condizionamento dell’olio, prevede due distinte operazioni: il travaso e la filtrazione.

Il travaso
Il travaso consente di eliminare i fondami che, come detto, sono acqua, sostanze proteiche e azotate che attivano reazioni enzimatiche e di fermentazione che trasmettono difetti organolettici (fermentato, morchia, putrido, avvinato-acetato); non va dimenticato il contatto dell’olio con la morchia può far aumentare l’acidità, pertanto è opportuno, prima di procedere allo stoccaggio definitivo, effettuare ripetuti travasi al fine di eliminare completamente le sostanze anomale. I ripetuti travasi vanno comunque fatti ponendo la massima attenzione nell’evitare che la turbolenza provocata dalle pompe impiegate per la movimentazione del prodotto provochi la formazione di bolle d’aria nella massa oleosa; per queste operazioni devono essere utilizzati contenitori con tubature che garantiscano il massimo livello igienico, onde evitare che eventuali residui di olio rimasti con i precedenti travasi possano innescare alterazioni destinate a compromettere le caratteristiche chimico-organolettiche del prodotto. Un minor rischio si verifica quando l’eliminazione dei fondami avviene senza movimentazione della massa oleosa mediante contenitori alti e di ridotta superficie, con fondo conico, dotati di valvole inferiori che consentono l’eliminazione dei fondami stessi attraverso aperture collocate nella parte inferiore. La valutazione se procedere o meno al travaso dipende dal livello di torpidità e di umidità dell’olio, rilevabili con misurazioni strumentali. La separazione dell’olio dalle impurità sedimentate nel fondo si svolge con una dinamica che si differenzia a seconda delle componenti contenute nella massa oleosa e dalle condizioni ambientali: le impurità colloidali e l’acqua precipitano in misura più o meno veloce a seconda del metodo di estrazione, della viscosità (acidi grassi e trigliceridi) dell’olio, della varietà di olivo e dell’indice di maturazione delle olive; le temperature di stoccaggio incidono sulla flocculazione sino ad arrivare alla cristallizzazione della massa oleosa se soggetta a basse temperature. Un successivo innalzamento della temperatura provoca la graduale fusione dei trigliceridi della massa oleosa che si depositano sul fondo del contenitore come morchie avvolte dalla maglia cristallina che lentamente tende a sciogliersi. Se l’innalzamento della temperatura è repentino l’olio rimane torbido. Altro fattore che condiziona la flocculazione è l’acidità libera: se è elevata la flocculazione dei colloidi idrofili e più veloce; processo inverso quando i valori dell’acidità libera sono molto bassi, nel qual caso la massa oleosa rimane torbida più a lungo. L’eliminazione dei sedimenti, praticata una o più volte con il travaso della massa oleosa in altri contenitori, spesso non garantisce la stabilizzazione del profilo organolettico dell’olio: condizione che può pregiudicare la qualità chimico-sensoriale del prodotto prima del confezionamento in bottiglie o in lattine compromettendone la serbevolezza nel tempo (shelf-life), soprattutto per le confezioni destinate alle grandi catene di commercializzazione.
Pertanto è indispensabile procedere a controlli preventivi prima di passare al confezionamento, specialmente quando si passa dallo stoccaggio effettuato con travasi della massa oleosa, in modo da verificare la presenza o meno di alterazioni chimico-fisiche e sensoriali (flavour) dell’olio.

Tipologie di filtrazione
Come operazione alternativa o complementare al travaso, si ricorre sempre più frequentemente alla filtrazione che può essere praticata utilizzando diversi mezzi filtranti allo scopo di purificare ulteriormente la massa oleosa. Infatti, nonostante i ripetuti travasi si può verificare che una parte dei fenoli rimanga nelle micro-micelle stabilizzate dalla serie di sostanze che si interfacciano a causa della loro struttura molecolare, con una parte polare e una poco polare (sciolta nella massa oleosa) che fanno respingere tra loro le micelle in avvicinamento e stabilizzare, in tal modo, la dispersione corrispondente. La filtrazione avviene secondo due principi fisici noti come filtrazione “di superficie” e filtrazione “di profondità”. Nella prima, il mezzo filtrante è costituito da un setto poroso dove le particelle sospese nella massa oleosa vengono trattenute sulla superficie esterna del filtro; nella seconda, il setto filtrante è costituito da materiale poroso strutturato in cunicoli nei quali l’olio passa e le particelle solide e colloidali vengono trattenute per assorbimento all’interno dello spessore del setto filtrante stesso. Tenuto conto delle caratteristiche chimico-fisiche dell’olio, i filtri utilizzati agiscono adottando entrambi i principi (superficie e profondità); i sistemi più comunemente praticati si differenziano prevalentemente per il materiale del mezzo filtrante utilizzato. Con il filtro barese o a cotone idrofilo, la filtrazione è lenta e discontinua e trattiene solo le macro molecole e le sospensioni grossolane, ponendo l’olio per un lungo tempo al contatto con l’aria. Con questo sistema, a differenza di altri più spinti, non si verificano sostanziali modificazioni del profilo organolettico e, in particolare, di quello fenolico. Con il filtro a farine fossili (polveri siliciche) l’operazione consente di filtrare grandi volumi di olio ed è seguita da una filtrazione brillantante su filtri pressa a cartoni di piccolo spessore. Questo tipo di filtrazione può provocare un notevole assorbimento dei composti fenolici da parte della matrice silicica delle farine. Con il filtro pressa a cartoni di cellulosa, la filtrazione si effettua in un’unica soluzione anche come filtro brillantante per gli oli filtrati su farine fossili. In funzione al tipo di olio e al suo grado di torbidità, si possono utilizzare cartoni composti da pura cellulosa o da miscele di cellulosa, farine di diatomee e altri coadiuvanti.

Altri sistemi di filtrazione che stanno trovando una graduale diffusione, consistono nell’utilizzo del sacco filtrante molto versatile per il suo funzionamento e per la manutenzione, e nell’impiego di gas immessi nell’olio. Quest’ultimo sistema consente di ottenere un elevato livello di limpidezza evitando anche l’impoverimento delle componenti di natura fenolica.
La prolungata esposizione dell’olio all’aria durante la filtrazione può provocare un aumento di perossidi e la parziale ossidazione dei componenti volatili e fenolici. Per limitare tali rischi sono stati adottati sistemi di filtrazione che limitano il contatto con l’aria mediante l’adozione di cartucce filtranti chiuse in cilindri di acciaio, oppure eseguendo l’operazione in atmosfera modificata (filtrazione sotto azoto) che, eliminando l’aria e l’ossigeno, consentono un’elevata capacità di serbevolezza già nella fase che precede il confezionamento.
Fonte: Olivo e olio; 5-2014


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2. I marcatori molecolari rivelatori di frodi

Le sofisticazioni che in misura più frequente vengono denunciate nel mercato dell’olio extravergine di oliva richiedono non solo un’attività di controllo più capillare, ma anche l’adozione di metodi di analisi complesse basate sul DNA del prodotto a completamento di quelle chimiche tradizionali che presentano limiti nei casi di sofisticazioni basate sull’aggiunta di grassi vegetali di altra natura, specialmente quando le loro concentrazioni si attestano percentualmente su valori medio-bassi. Difficoltà dovute alla composizione naturale di trigliceridi e di acido oleico di alcune specie oleaginose (nocciolo, mais, arachide, cotone, colza e altri) utilizzati per miscelazioni o per sostituzione parziale di oli di oliva.
Le analisi condotte con tecnologie basate sul DNA consentono di individuare la presenza di materie prime utilizzate per miscelare l’olio da olive con altri grassi vegetali di minor pregio adottando processi di rintracciabilità molecolare dato che il DNA è l’unica molecola in grado di caratterizzare specie (DNA barcoling) e varietà diverse mediante il confronto di polimorfismi lungo il loro genoma e messi in evidenza ricorrendo all’analisi dei marcatori molecolari. Queste tecnologie di analisi integrate alla moltiplicazione in vitro di frammenti di DNA tramite la reazione a catena della polimerasi (PCR), fanno parte della genetica forense (genetic fingerprinting) applicata per identificare le componenti contenute nell’olio da olive sulla base del profilo del suo DNA che può essere amplificato in vitro mediante la PCR.
L’applicazione di analisi basate sul DNA tracking consente quindi di individuare la composizione genotipica dell’olio da olive: risultato che permette di verificare la veridicità di quanto dichiarato nell’etichetta sulla confezione e rilevare la presenza di sofisticazioni del prodotto.
L’analisi molecolare degli oli da olive avviene in due fasi: con la prima si procede all’estrazione del DNA dalla matrice oleosa, con la seconda si mettono in evidenza i polimorfismi e si possono riconoscere le componenti che fanno parte dell’olio da olive e la presenza di eventuali altre componenti estranee contaminanti derivanti da altre specie vegetali.

Estrazione del DNA
Sono disponibili sul mercato vari kit per l’estrazione del DNA, ma i più diffusi sono il Nucleo Spin for Food (Makerey-Nagel), il Gene Elute Plant Genomic DNA (Sigma) e il QIA amp DNA Stool (Qiagen) tutti in grado di semplificare l’operazione. A questi, poi, si aggiungono altri metodi molto efficaci per i quali è ancora in corso la brevettazione.
Va comunque tenuto presente che la quantità di materiale da estrarre deve essere in misura tale da consentire le successive amplificazioni e analisi, dato che il DNA estratto con i diversi metodi è difficilmente quantificabile e deve essere sottoposto a un preliminare ciclo di amplificazione PCR per ottenere indicazioni il più possibile attinenti alla reale composizione dell’olio.

Quantificazione di specie e varietà
I metodi utilizzati per il riconoscimento delle varietà presenti nell’olio da olive e per la loro quantificazione percentuale, fanno riferimento a reazioni con il Pcr Quantitative (Real Time Pcr), e per ogni prova di amplificazione del RtPcr viene usato il DNA da foglie a concentrazione nota delle cultivar/specie cercate. Per ottenere risultati veritieri mediante la Pcr Quantitative è indispensabile disporre di materiale estratto non contaminato e utilizzare marcatori specifici idonei per la caratterizzazione varietale applicabili al DNA estratto dall’olio: requisiti che attraverso la Pcr Quantitative consentono di quantificare le percentuali di olio aggiunto fino all’1%.
Fonte: Olivo e olio; 5-2014

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3. DPGR n. 226/2014 – Interventi di prevenzione incendi negli oliveti

Il Presidente della Giunta Regionale con Decreto n. 226 dell’8 aprile 2014 ha proceduto alla dichiarazione dello stato di grave pericolosità per gli incendi boschivi nell’anno 2014, ai sensi della L. 353/2000 e della L.R. 18/2000.

Le finalità e gli obiettivi del Decreto (art. 1) indicano che “nel periodo dal 15 giugno al 15 settembre 2014 è dichiarato lo stato di grave pericolosità per gli incendi per tutte le aree boscate, cespugliate, arborate e a pascolo della Regione Puglia, fatta salva la possibilità, in caso di necessità contingenti, di anticipare al 1 giugno e/o posticipare al 30 settembre lo stato di allertamento delle strutture operative. Chiunque avvisti un incendio che interessi o minacci aree boscate, cespugliate, arborate e a pascolo comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, è tenuto a darne immediata comunicazione alle competenti Autorità locali riferendo ogni utile elemento territoriale per la corretta localizzazione dell’evento”.

La versione integrale del decreto è disponibile nella sezione “Area documenti” del sito www.apol.it. In questa sede si vuole richiamare l’attenzione alle misure di prevenzione incendi connesse con l’attività olivicola (art. 10): “I proprietari, gli affittuari e i conduttori degli uliveti e dei vigneti devono provvedere all’eliminazione dei rovi e della vegetazione infestante nonché dei residui colturali che possono essere causa di innesco e/o propagazione di incendi entro il 31 maggio. Gli Organi di Polizia Giudiziaria e gli Enti competenti in materia di ambiente devono segnalare situazioni di non conformità previste dagli Standard per il mantenimento delle buone condizioni vegetative come previsto dalla D.G.R. n. 1928 del 02/10/2012 con la quale la Giunta regionale ha attuato il D.M n. 30125/2009 e s.m.i. “Disciplina del regime di Condizionalità ai sensi del Regolamento CE n. 73/2009 e delle riduzioni ed esclusioni per inadempienze dei beneficiari dei pagamenti diretti e dei Programmi di Sviluppo Rurale” all’Organismo Pagatore AGEA, al Servizio Agricoltura ‐ Autorità di gestione del PSR della Regione Puglia e per conoscenza al proprietario/conduttore del fondo agricolo. Le segnalazioni di non conformità dovranno essere corredate da un verbale di controllo come previsto dal citato Decreto Ministeriale”.

Download Decreto 226/2014


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