APOL

A.P.OL.

SOCIETÀ COOPERATIVA - LECCE

Reg.CE n. 867/08 mod. dal Reg. UE n. 1220/11 - ANNUALITA’ 2013/2014

BOLLETTINO INFORMATIVO N. 9 - Settembre 2013

SOMMARIO

  1. Le attività divulgative e formative di APOL nel mese di ottobre
  2. Storia dei contenitori dell’olio, dai greci ai giorni nostri
  3. Strategie di controllo della mosca dell’olivo

1. Attività divulgative e formative a favore delle aziende associate APOL

Comincia in ottobre il programma di attività divulgative e formative del progetto APOL per il miglioramento della qualità dell’olio e delle olive da tavola relativo all’annualità 2013-2014.
I due incontri in programma ad Otranto costituiscono l’occasione per divulgare i contenuti chiave del disciplinare di produzione integrata che APOL ha adottato con la Misura 2b. Nel primo incontro  si parlerà di come evolve la maturazione delle drupe, dei fattori che la condizionano e di come l’epoca di raccolta influenza la qualità dell’olio. Il secondo è, invece, riservato all’analisi del percorso tecnico/amministrativo che conduce alla certificazione del prodotto secondo le disposizioni del disciplinare di produzione integrata di APOL.
Nello stile di APOL, tutte le manifestazioni avranno un approccio operativo e saranno condotte con il modello del confronto tra procedure messe in atto ed esperienze realizzate dalle aziende coinvolte. 
I calendario degli incontri è il seguente:

  • Otranto 28/10/2013 ore 16:30-19:00, azione 2b, incontro divulgativo sul tema “Raccolta delle olive conforme ai principi del Disciplinare Apol – Modalità operative di raccolta meccanica e relative influenze sulla qualità del prodotto” ; relatori Dott. Agr. Giovanni Muia, dott. Agr. Alessandro Giannone tecnici Apol;
  • Otranto 04/11/2013 ore 16:30-19:00 azione 2b, incontro divulgativo sul tema “Olivicoltura integrata: i vantaggi della certificazione di prodotto (applicazione del Disciplinare di produzione integrata Apol)”; relatori Dott. Agr. Giovanni Muia, dott. Agr. Alessandro Giannone tecnici Apol.

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2. La storia dei contenitori dell’olio

L’analisi che segue prende in rassegna alcuni periodi della nostra storia significativi per capire come, nel tempo, il contenitore dell'olio è stato considerato e progettato. Per gli approfondimenti inerenti il rapporto tra contenitore e conservazione dell’olio si rimanda al bollettino n. 2 – febbraio 2013.
I Greci, che per primi esportarono considerevoli quantità di olio di oliva, utilizzavano particolari anfore, dette SOS (Foto 1). Osservandone la forma si capiva che il suo contenuto era olio; guardando i colori e i diversi segni sull'esterno si capiva il luogo di origine e il produttore (marchi incisi in fase di produzione e quindi indelebili e segni dipinti successivamente). I Greci per primi applicarono il concetto di “forma = funzione”, introducendo il concetto di “brand” e quello di “marchio di origine”.
I Romani perfezionarono questo sistema realizzando anfore con imboccature più piccole e pratiche, con forme leggermente diverse le une dalle altre (le diversità riguardavano principalmente i manici e l'imboccatura): questo consentiva di ridurre le frodi perché le anfore potevano essere ridipinte ma non potevano essere modificate fisicamente. I Romani per primi capirono la necessità di proteggere e garantire l'origine del contenuto.
Nel Medioevo il contenitore cambia forma diventando più piccolo e destinato all'uso diretto e la terracotta viene pian piano sostituita dal metallo e dal vetro anche se il loro costo è ancora abbastanza elevato, nonostante l'uso per funzioni religiose (soprattutto nell'Europa cristiana) e le ridotte produzioni di olio ne giustificassero l'impiego. In questo periodo si assiste quindi alla diffusione del concetto di “contenitore per uso finale”.
Si deve attendere la fine dell'Ottocento e lo sviluppo dei trasporti via mare e via terra affinché si possa parlare di ulteriori innovazioni nel campo dei contenitori. Innovazioni che però non sono dettate dalla necessità di migliorare l'idea di base dei Greci (identificare il prodotto e il suo produttore), o dei Romani (ridurre le frodi), ma dalla necessità impellente di trovare una soluzione alla crescente richiesta di olio che deve essere soddisfatta utilizzando contenitori di facile reperibilità, robusti e a basso prezzo. Una delle prime soluzioni fu quella di guardarsi intorno e vedere se sul mercato era già presente qualcosa che potesse adattarsi. Il mondo del vino (da cui spesso l'olivicoltura ha trovato ispirazione) offriva una soluzione molto semplice: la damigiana di vetro impagliata, che ancora oggi viene utilizzata per trasportare il vino. Il vetro era facilmente lavabile, igienico, sufficientemente protetto dalla paglia e disponibile in gran quantità a un costo ragionevole. Per distinguere e differenziare i vari oli si fissava sul collo della damigiana un cappuccio in cartone che recava impresso il nome del produttore e la classe merceologica.
Nel Novecento si inizia a vendere l'olio in contenitori di metallo o di vetro dalle ridotte e diversificate dimensioni, utilizzando diversi sistemi commerciali quali il porta a porta: ecco che anche nel mondo dell'olio nasce il concetto di soddisfare il consumatore finale offrendo qualcosa in più del semplice prodotto (il servizio a domicilio, per esempio). Si dovranno comunque attendere la nascita dell'extravergine e gli anni ’70 per poter parlare di marketing e confezionamento su larga scala e far sì che il prodotto non venga più venduto sfuso.
Negli ultimi anni, come per il vino, con la nascita di Dop, Consorzi e disciplinari che definiscono metodi di produzione o cultivar, è diventato molto importante l'utilizzo di un contenitore che identifichi il suo contenuto in modo univoco, con un tappo anti riempimento per evitare frodi e che al tempo stesso attragga il consumatore: queste scelte confermano che i concetti sviluppati dai greci e dai romani sono ancora in uso, anche se con modi e materiali diversi.
Prescindendo dall'influenza che hanno determinati materiali sulla conservazione dell'olio, si può ragionevolmente affer-mare che storicamente i momenti importanti sono stati due: il primo quando si è abbandonata l'argilla delle anfore e si è passati al metallo e/o al vetro; il secondo quando è stata introdotta la plastica.
Non sempre al materiale più idoneo alla conservazione dell'olio corrisponde una altrettanta larga diffusione. Infatti, se si osserva cosa succede sul mercato internazionale si nota che l'olio è fondamentalmente venduto in contenitori di plastica e cioè il materiale che risulta essere il meno idoneo. Questo perché un contenitore in plastica (Pet) da mezzo litro pesa circa 60 gr e uno in vetro pesa quasi 4 hg; uno in plastica costa un quarto rispetto a uno in vetro, se è vuoto sostanzialmente si può considerare infrangibile e se è pieno è meno rigido e più resistente del vetro. Dovendo spedire l'olio (nel mondo) la plastica rappresenta senz’altro la soluzione attualmente più economica e vantaggiosa. Nella maggior parte dei supermercati del mondo l'olio è venduto in bottiglie di plastica, anche se si tratta di marche italiane. Spesso ci si stupisce di ciò, ma come in Italia è normale acquistare acqua, latte o olio di semi o per friggere in bottiglie di plastica, nel resto del mondo è normale acquistare olio extravergine di oliva in contenitori diversi dal vetro. Il vetro e il metallo nel mondo vengono utilizzati sostanzialmente per oli di elevata fascia di prezzo, a differenza di quanto succede in Europa, soprattutto in quella centrale e meridionale, dove questi materiali vengono indistintamente utilizzati per tutte le produzioni. La grande diffusione commerciale dell'olio di oliva ha costretto gli imbottigliatori a realizzare contenitori che identificassero con facilità il contenuto.
Abbandonata la damigiana, il mercato si era inizialmente indirizzato verso due forme distinte e distinguibili, dettate dal materiale e dal mercato: la bottiglia di vetro a base quadrata, detta marasca (foto 2), per differenziarsi da quella tonda del vino detta bordolese; la lattina a base rettangolare per differenziarsi da quella tonda per altri tipi di olio. Oggi si utilizzano indistintamente lattine da 100 cc o bottiglie tonde da portare in tavola e spesso i quantitativi maggiori vengono messi in latte tonde, simili a bombolette di vernice spray.
Le nuove strategie di marketing hanno poi imposto l'uso di vetro trasparente affinché il colore dell'olio (e spesso il suo naturale fondo) convincessero il consumatore della bontà del prodotto. Per gli oli pregiati (e quindi costosi) si utilizzano bottiglie che sembrano contenitori di profumo o di superalcolici invecchiati, spesso solo per giustificarne (anche se magari non ce ne sarebbe alcun bisogno) il prezzo di vendita.
Le ultime innovazioni presentate sul mercato riguardano le drop box (foto 3) e le bottiglie verniciate. Le drop box (foto 5) altro non sono che sacche di plastica alimentare (tetrapak) dotate di un rubinetto, che possono essere comodamente appese o appoggiate su un ripiano: a mano a mano che si svuotano si schiacciano senza consentire l'ingresso di aria e non possono in nessun modo essere rabboccate (un po' come le sacche ospedaliere del sangue). Hanno un costo non elevato, sono facilmente trasportabili e resistenti. Molte di esse sono realizzate in materiale completamente riciclabile.
Fonte: Marco Antonucci, estratto da Olivo e Olio 6-2013


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2. Strategie di controllo della mosca delle olive.

Ordine: Diptera; Famiglia: Tephritidae; Nome scientifico: Bactrocera (= Dacus) oleae Gmel
L’insetto è un dittero presente in tutto il bacino del Mediterraneo. Il parassita compie un numero variabile di generazioni all’anno, da 3 a 5, normalmente anche una sesta generazione che si sviluppa in primavera sulle olive non raccolte. Il ciclo è strettamente legato alle condizioni ambientali in particolare all’andamento climatico e alle caratteristiche dell’olivo. Il clima influenza il ciclo del parassita soprattutto con la temperatura e in misura minore con l’umidità. Il secondo fattore ambientale è rappresentato dalle caratteristiche intrinseche delle olive, le femmine ricevono stimoli sensoriali che segnalano il grado di recettività dell’oliva, elemento che permette loro di scegliere le olive: prima dell’ovodeposizione la femmina “saggia” la dimensione, il colore e l’odore e, sembra, la presenza di determinate specie batteriche.

Gli adulti sono lunghi 4-5 mm, la femmina si differenzia dal maschio per la caratteristica presenza, nella parte distale dell’addome, di un robusto ovopositore con il quale perfora l’epicarpo della drupa per deporre le uova.


La femmina, dopo già due giorni dalla nascita è in grado di accoppiarsi, ma la deposizione delle uova non ha luogo prima di 7-8 giorni dalla nascita stessa. Normalmente in una drupa viene deposto non più di un uovo, comunque in annate di forte infestazione anche più uova.

Le prime infestazioni si verificano, nella prima quindicina di luglio su cultivar a maturazione precoce (in particolare le olive da mensa) e su piante recettive con pochi frutti, e comunque durante la fase di lignificazione del nocciolo, quando il mesocarpo ha ormai raggiunto una durezza sufficiente per poter fare sopravvivere le larve.

Le femmine all’atto della ovodeposizione conficcano l’organo ovopositore nelle drupe formando piccole ferite triangolari in fondo alle quali depongono un uovo. Dalle uova, di colore bianco opalescente e di forma allungata, fuoriescono dopo un periodo di incubazione che varia da 3 a 10 giorni, larve apode di forma conico cilindrica. Queste scavano nel mesocarpo della drupa gallerie ad andamento tortuoso senza una direzione ben precisa, ma con tendenza ad dirigersi sempre più verso il nocciolo. Queste gallerie dapprima sono filiformi, ma man mano che la larva si accresce diventano cavernose.

Le larve si evolvono attraverso tre stadi (I°, II° e III°) e, raggiunta la maturità, si impupano all’interno delle drupe non ancora mature o nel terreno nel periodo della raccolta.
Gli adulti sfarfallano dopo una settimana o poco più. Particolarmente dannose sono le infestazioni dei mesi di settembre-ottobre, sia sulle varietà da tavola che da olio.
Il danni arrecati si distinguono in quantitativi e qualitativi. I danni sotto l’aspetto quantitativo sono causati dalle larve di II e III età dell’insetto, e consiste nella sottrazione di una parte considerevole della polpa con conseguente riduzione della resa in olio. Una parte della produzione si perde anche a causa della cascola precoce dei frutti attaccati.

Sotto l’aspetto qualitativo va considerato il sensibile peggioramento della qualità dell’olio estratto da olive con un’elevata percentuale di attacchi da larve di III età.
L’olio ottenuto da olive bacate ha una spiccata acidità (espressa in acido oleico), e una minore conservabilità in quando presenta un numero di perossidi più elevato.
Dagli attacchi di mosca derivano anche deprezzamenti qualitativi più o meno gravi dovuti all’insediamento di muffe attraverso i fori di sfarfallamento. Questo peggioramento qualitativo si evidenzia in modo notevole negli oli ottenuti da olive bacate raccolte da terra o stoccate per più giorni prima della molitura.

Le norme di Difesa Integrata promosse dall’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia per il controllo della Bactrocera oleae, riprese integralmente dal Disciplinare di Produzione Integrata di APOL nell’ambito della Misura 2b del Reg. CE 1220/11, prevedono i seguenti comportamenti.
Per determinare il grado di infestazione del parassita vengono utilizzate metodologie di monitoraggio con rilevamento degli adulti mediante uso di trappole e campionamenti di drupe allo scopo di stimare la “soglia di intervento” (parametro economico nella valutazione della necessità dell’intervento fitoiatrico). Per monitorare la dannosità del parassita si consiglia di installare trappole attrattive innescate a feromone sin dall’inizio dei primi voli e di analizzare un campione di 100 olive prelevate da 10 piante rappresentative dal campo. Il trattamento chimico è giustificato quando si supera il 10 % di infestazione attiva (somma di uova e larve vive).

Una corretta impostazione della lotta integrata contro la mosca, va eseguita accertando periodicamente l’andamento dell’infestazione sulle drupe. Il campione prelevato va esaminato con opportune attrezzature (lenti di ingrandimento, microscopi) per valutare l’infestazione attiva costituita dalla somma, su 100 olive, delle uova e del numero di larve vive, mentre l’infestazione totale comprende anche il numero di pupe e i fori di uscita. Per determinare la soglia di intervento viene considerata solo l’infestazione attiva.

Per il controllo della mosca delle olive, sono state attivate negli ultimi anni numerose sperimentazioni allo scopo di ridurre le dosi di sostanza attiva da impiegare, gli effetti negativi sugli organismi utili. Prove sono state eseguite allo scopo di localizzare il trattamento a una parte della chioma con l’impiego di esche proteiche avvelenate, o con l’uso di trappole attivate con feromoni e esche proteiche miscelate ad insetticida.

La forma di controllo più utilizzata nell’area mediterranea è la lotta curativa o larvicida diretta principalmente contro le larve presenti nella polpa con l’uso di prodotti con buone capacità di penetrazione, esplicando una azione endoterapica. Il sistema curativo va impiegato quando l’infestazione attiva ha raggiunto il valore del 10-15% (soglia di intervento), e comunque nelle prime fasi di sviluppo della mosca (uovo e larva di I° età).

INTERVENTI CHIMICI
Nelle olive da mensa anche la sola puntura può determinare deformazione della drupa, pertanto l’intervento deve essere tempestivo al rilievo delle prime punture.

Nelle olive da olio effettuare interventi:
- preventivi adulticidi con esche proteiche (max 5 interventi) avvelenate con spinosad o dimetoato intervenendo alle primissime infestazioni o applicando il metodo “Attract and Kill” utilizzando trappole innescate con feromone e impregnate con deltametrina o lambda-cialotrina;
- curativi nei confronti delle larve al superamento della soglia intervenire, nelle prime fasi di sviluppo della mosca (uovo e larva di 1° età) utilizzando dimetoato(max 2 interventi all’anno indipendentemente dell’avversità), fosmet max 2 interventi all’anno indipendentemente dell’avversità), imidacloprid (max 1 intervento all’anno).

In caso di infestazioni tardive anticipare la raccolta senza intervenire chimicamente.


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