APOL

A.P.OL.

SOCIETÀ COOPERATIVA - LECCE

Reg.CE n. 867/08 mod. dal Reg. UE n. 1220/11 - ANNUALITA’ 2014/2015

BOLLETTINO INFORMATIVO N. 9 - Settembre 2014

SOMMARIO

  1. L’olivicoltura nella nuova PAC 2014-2020 - (Reg. UE 1307/2013)
  2. Il controllo della margaronia dell’olivo
  3. I vantaggi economici ed ambientali del recupero dei reflui

1. La riforma della PAC – Gli obiettivi strategici comunitari e nazionali

Il lungo processo di riforma della Politica Agricola Comune, avviato nel 2010, ha confermato l’impianto generale di tale politica, attuata attraverso due pilastri e finalizzata a fronteggiare le sfide dell’agricoltura ponendo obiettivi di carattere:  

  • economico (sicurezza alimentare, miglioramento della competitività minacciata da crescente volatilità dei prezzi e da compressione dei margini, rafforzamento della filiera produttiva, con un maggiore ruolo per la profittabilità della fase produttiva);
  • ambientale (uso sostenibile delle risorse, qualità del suolo e dell’acqua, minacce agli habitat e alla biodiversità, cambiamenti climatici) e territoriale (riequilibrio dei territori rurali caratterizzati da ridotti livelli di sviluppo economico e sociale).

Pur mantenendo obiettivi in linea con la passata impostazione, la riforma ha introdotto alcune innovazioni in termini di strumenti di sostegno nel primo e nel secondo pilastro.

In particolare, nel I° Pilastro (pagamenti diretti) le novità più rilevanti riguardano:

  • il processo di convergenza a livello europeo dei pagamenti diretti;
  • la scomposizione dei pagamenti diretti in diverse “componenti”, alcune obbligatorie e altre facoltative a livello di Stato Membro;
  • l’introduzione della figura dell’agricoltore in attività, quale beneficiario dei pagamenti.

Quel che emerge dalla riforma, inoltre, è la maggiore valenza delle scelte nazionali per finalizzare gli aiuti alle diverse “tipologie di agricolture” che connotano il contesto europeo. Va infine segnalata la riduzione delle risorse finanziarie complessive destinate a sostenere la politica.

A livello nazionale, le risorse finanziarie hanno visto da un lato una riduzione nel primo pilastro (-6.5%) e il rafforzamento del plafond assegnato al secondo pilastro (+16%). Le risorse complessive ammontano a oltre 37 miliardi di Euro, per l’intero periodo.

Importi assegnati all’Italia – Allegato II Reg. 1307/2013. Valori in milioni di Euro. Prezzi correnti.
Massimale Aiuti Diretti

2015

3.902,0

2016

3.850,8

2017

3.799,5

2018

3.751,9

2019 e anno successivo

3.704,3

Sulla scorta degli elementi precedenti, gli obiettivi strategici posti alla base delle scelte nazionali nell’ambito del primo pilastro riguardano:

  • il rafforzamento della competitività, attraverso il sostegno alla transizione e il mantenimento dei livelli di reddito agricolo, generato dagli aiuti del pagamento diretto; il sostegno finalizzato ai settori in difficoltà, mediante gli aiuti accoppiati; misure premianti in favore dei giovani agricoltori;
  • il miglioramento delle condizioni ambientali, con incentivi alle pratiche agricole sostenibili e alla difesa ambientale;
  • la semplificazione e il rafforzamento del processo di governance.

1.1 Il disegno della PAC

La nuova PAC si struttura intorno a due pilastri. Il I° Pilastro (pagamenti diretti) è completamente finanziato dall’Europa. Il II° Pilastro (sviluppo rurale) comprende misure finanziate al 50% dall’UE e dagli Stati Membri.

Il quadro di azione comprende i seguenti ambiti:

  • Ricambio generazionale – Misure a favore dei giovani imprenditori agricoli.
  • Sostegno alle zone montane – L’azione è finalizzata alla tutela del territorio e al mantenimento della vitalità dei contesti socio-economici più a rischio. Verranno create le condizioni per un nuovo modello di sviluppo.
  • Sostenibilità ambientale – Incentivi a favore dei sistemi produttivi maggiormente sostenibili.
  • Qualità degli alimenti – Forte attenzione alle questioni legate al benessere animale.
  • Pagamenti diretti – Gli aiuti accoppiati vengono concentrati su settori più in difficoltà con l’obiettivo di recuperare margini di efficienza e sostenere le produzioni “made in Italy”.

1.2 Le principali misure

  • Aiuti accoppiati – è stata fissata una quota all’11%, pari a oltre 426 milioni di euro, lasciando il 4% delle risorse al pagamento di base. I settori sui quali sono state concentrate le risorse sono: zootecnia da carne e da latte, seminativi, piano proteico e grano duro, olivicoltura.
  • Lavoro giovanile – è prevista la maggiorazione degli aiuti diretti nella misura del 25% per i primi 5 anni di attività per le aziende condotte da under 40, assicurando il livello massimo di plafond disponibile che ammonta a circa 80 milioni di euro all’anno.
  • Pagamenti diretti – Viene applicata una riduzione del 50% sulla parte eccedente i 150.000 euro del pagamento di base e del 100% per la parte eccedente i 500.000 euro. Il taglio sarà effettuato dopo aver escluso i costi relativi alla manodopera, salari e stipendi, contributi versati a qualsiasi titolo per l’esercizio dell’attività agricola.
  • Agricoltore attivo – Non riceveranno più contributi PAC: banche, società finanziarie, assicurative e immobiliari (ampliamento della “black list”). Vengono definite le condizioni della figura di agricoltore attivo (IAP, CD, partita IVA).
  • Convergenza - Viene stabilito di considerare l’Italia come Regione unica.
  • Aree svantaggiate e di montagna – In queste aree vengono considerati agricoltori attivi tutti coloro che percepiscono aiuti diretti annui per un ammontare massimo di 5.000 euro. Nelle altre zone la soglia è fissata a 1.250 euro. Vengono introdotti anche un premio differenziato per il latte di montagna, benefici dal processo di convergenza e dall’inserimento dei pascoli nel sistema dei pagamenti diretti.

 1.3 Convergenza e sostegno accoppiato
 
La revisione del sistema dei pagamenti diretti realizzata a livello comunitario, con l’obiettivo di ridurre le differenze in termini di premi per ettaro tra Stati Membri, ha determinato, a cascata, la verifica e l’impostazione di un sistema di pagamenti uniformi a livello nazionale. Nel nostro Paese, infatti, i premi sono caratterizzati da differenziazioni generate dalla stratificazione, nel corso del tempo, dell’applicazione del sistema disaccoppiato, con importi fissati in base ai pagamenti percepiti nell'ambito di regimi di aiuto totalmente o parzialmente accoppiato, il cui principale periodo di riferimento risale al triennio 2000-2002.

Affinché l‘impatto della riforma non si ripercuota sui valori dei diritti all’aiuto in modo diretto e immediato fin dal primo anno, è stato scelto di utilizzare un sistema di convergenza che attenui le differenze, come avvenuto su scala comunitaria. Il modello definito “irlandese” stabilisce il livello massimo di perdite, garantendo al contempo a tutti i diritti all’aiuto il raggiungimento di un valore minimo: ciascun beneficiario non può subire una diminuzione superiore al 30% del valore iniziale del proprio titolo diritto all’aiuto; parallelamente nessun diritto all'aiuto dovrà avere un valore unitario inferiore al 60% del valore unitario nazionale al 2019. Il sistema di fatto accompagna la transizione aziendale verso i valori a fine riforma.

L’applicazione di questo meccanismo implica la definizione del valore iniziale dei titoli e della superficie complessiva su cui applicare il sistema. A questo scopo, per titoli sono stati considerati i valori pagati per ettaro nella campagna 2014 e, al fine di rendere il processo maggiormente inclusivo, allargando la platea di beneficiari, è stata considerata tutta la superficie come ammissibile. Si tratta di una scelta nazionale particolarmente importante, sia nella attuale fase di riforma, rendendo di fatto potenzialmente ammissibili superfici sino ad oggi escluse dai pagamenti diretti, sia nell'ottica di riforme future - verosimilmente basate ancora su importi ad ettaro - consentendo all'Italia di presentarsi con una dotazione di superficie più consistente. Non va trascurato, infatti, che nell'attuale riforma per l'Italia sono stati considerati ammissibili appena 10,1 milioni di ettari (IACS, 2009). Sulla base di tali considerazioni sono state elaborate diverse simulazioni che permettessero di verificare le ricadute finanziarie per comparto e per territori1.

Nell’introduzione del sostegno accoppiato, inoltre occorre fare riferimento alle misure di supporto specifico attivate in Italia in applicazione dell’articolo 68 del Reg. (CE) n. 73/2009.

L’Italia ha deciso di applicare l’articolo 68 facendo riferimento al sostegno per il miglioramento della qualità dei prodotti agricoli [68(1)(a)(ii)], al sostegno per specifiche attività agricole che comportano benefici agro-ambientali aggiuntivi [68(1)(a)(v)] e al contributo per il pagamento dei premi di assicurazione [68(1)(d)].

1.4 La tutela dell’ambiente

  • Rilancio di un piano proteico nazionale, capace di favorire la diversificazione produttiva verso produzioni con minor fabbisogno di input chimici, maggiormente rispettose dell’ambiente e, parallelamente, di ausilio alla zootecnia nazionale. In particolare si mette in campo un piano d’azione per favorire la coltivazione di soia ogm free italiana, che contribuisca anche al miglioramento qualitativo dei mangimi per gli allevamenti.
  • Sostegno al settore olivicolo, per i suoi vantaggi indiscussi in tema di preservazione del paesaggio e del territorio.
  • Sostegno all’agricoltura praticata in zone interne e montane, grazie anche a un maggior livello di premio per ettaro.

 1.5 Piano colture permanenti – l’olivicoltura

Il piano delle colture permanenti presenta una misura, distinta in tre sottomisure, diretta al sostegno dell’olivicoltura e prevede un plafond di 70 milioni di Euro.

  • Misura 1 – Premio base olivo;
  • Misura 2 – Premio aggiuntivo olivo;
  • Misura 3 - Premio olivicoltura con rilevante importanza economica territoriale ed ambientale.

Contesto socio economico della misura
L’olivicoltura, essendo una coltura permanente, subisce variazioni strutturali piuttosto limitate in archi temporali ristretti. Va segnalato che, aldilà di una riduzione moderata della superficie (-4% tra il 2005 e il 2012), tanto la produzione di olio quanto quella di olive (per consumo diretto o destinate alla oleificazione) nel tempo diminuiscono in quantità ma soprattutto in valore. Nel tempo, infatti, la forbice tra quantità prodotta e valore della produzione si allarga mettendo in luce una diminuzione dei valori unitari di vendita.
L’analisi della redditività aziendale mette in luce la forte dipendenza del reddito netto delle aziende specializzate olivicole dagli aiuti del primo pilastro della PAC. Tale incidenza, infatti, si mantiene costantemente al di sopra del 50% tra il 2008 e il 2011 e raggiunge il 56% nel 2012. In base alle stime, l’effetto della convergenza interna determinerà una sensibile contrazione del valore dei titoli delle aziende specializzate (-43% circa tra il 2012 e il 2020), riducendo drasticamente l’incidenza del sostegno dei pagamenti diretti sulla redditività aziendale a circa il 30%.

Inoltre, esistono forti differenziazioni regionali. Le Regioni Puglia, Calabria e Liguria presentano alti livelli di specializzazione olivicola, con un’incidenza della superficie olivetata oltre un quarto della superficie agricola utilizzata regionale. Da un punto di vista economico, la Calabria e la Puglia producono olio in quantità dal 70% al 63% di quanto prodotto in Italia, ma spuntano sistematicamente prezzi più bassi (basti pensare che nel 2012 i prezzi medi pugliesi erano il 65% di quelli delle altre Regioni e quelli calabresi l’80%).

Nella definizione della misura, inoltre, sono stati presi in considerazione gli aspetti legati alla tutela del territorio e del paesaggio. In alcune Regioni, l’estensione delle colture olivicole costituisce un elemento fondamentale del paesaggio, della società e dell’economia rurale, anche laddove la produzione riveste caratteri di marginalità economica. In particolare, la coltura olivicola in aree acclivi, specialmente con sistemazioni a terrazzi o ciglioni, svolge un ruolo fondamentale per la riduzione del rischio idrogeologico, risultando spesso più efficace rispetto alla copertura boscata. Il rischio di abbandono delle colture olivicole, particolarmente evidente nelle aree marginali interne, deve quindi essere contrastato per un complesso di motivi, ambientali, paesaggistici e socioeconomici.

Inoltre, in taluni contesti, l’olivicoltura costituisce un perno di sviluppo per la sua rilevanza economica e territoriale, grazie alla produzione di olio di qualità. L’opzione della qualità rappresenta un’opportunità di sviluppo aziendale, pur in presenza di costi maggiori determinati dall’applicazione di standard più elevati, e parallelamente un elemento di valorizzazione dell’intero contesto territoriale, grazie alla caratterizzazione del paesaggio e al mantenimento di pratiche e saperi legati alla tradizione.

Descrizione tecnica della misura

Misura 1.1 – Premio base olivo

  • Localizzazione: l’intervento interessa le superfici olivicole localizzate nelle Regioni in cui la superficie olivicola rappresenta almeno il 25% della SAU regionale, in quanto l'olivicoltura costituisce una parte rilevante dell’economia agricola regionale;
  • Plafond destinato alla misura: 43,8 milioni di euro;
  • Target superfici stimabili ammissibili alla misura: 560.000 Ha;
  • Entità dell’aiuto stimato: importo unitario di 78 euro/Ha.

Misura 1.2 – Premio aggiuntivo olivo

  • Localizzazione: l'area di intervento interessa le superfici olivicole nelle Regioni Obiettivo “Convergenza” ove è soddisfatto il criterio “superficie olivo/SAU regionale” superiore al 25%, caratterizzate da pendenza media superiore al 7,5%;
  • Plafond destinato alla misura: 13,2 milioni di euro;
  • Target superfici stimabili ammissibili alla misura: 188.607 Ha;
  • Entità dell’aiuto: importo unitario aggiuntivo alla misura “premio base olivo”: 70 euro/Ha.

Misura 1.3 – Premio olivicoltura con rilevante importanza economica territoriale ed ambientale

  • Localizzazione: intero territorio nazionale;
  • Condizioni di ammissibilità: da definire;
  • Plafond destinato alla misura: 13 milioni di euro;
  • Target superfici stimabili ammissibili alla misura: 100.000 Ha;
  • Entità dell’aiuto: importo unitario della misura: 130 euro/Ha.

Fonte: Mipaaf (La nuova PAC: le scelte nazionali; PAC 2014/2020 – L’agricoltura italiana verso il futuro)

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2. Il controllo della Margaronia dell’olivo con i criteri di difesa integrata

Ordine: Lepidoptera; Famiglia: Pyraustidae; Nome scientifico: Palpita unionalis Hb.
L’uovo, di colore variabile dal bianco pallido al giallastro è di forma ellittica, mentre la larva di colore verde brillante talvolta con riflessi vinosi, ha il capo giallastro ed è lunga circa 20-22 mm.
La crisalide presenta un colore marrone, mentre l’adulto è una farfallina di colore bianco madreperlaceo brillante con margine anteriore delle ali nocciola chiaro, ha un’apertura alare di circa 25-30 mm.
Gli adulti compaiono in primavera inoltrata, dopo l’accoppiamento le femmine depongono le uova in gruppi di 3-5 sulla pagina inferiore delle foglie lungo la nervatura mediana. Le larve neonate si portano verso le foglie apicali più tenere dove formano un riparo sericeo e cominciano a nutrirsi del tessuto fogliare della pagina inferiore; successivamente compiono quattro mute, ognuna in ripari diversi tra loro, attraverso le quali ingrossano ed assumono una colorazione più intensa.
Le larve di quarta età sono in grado di rodere tutto il tessuto fogliare ed in caso di forti attacchi anche le drupe, arrivate a maturità si costruiscono un riparo formato da foglie saldate tra loro con fili sericei all’interno del quale tessono un bozzoletto dove si incrisalidano.
Compie 4-5 generazioni all’anno che si accavallano tra loro, sverna in tutti gli stadi giovanili (ad eccezione delle larve di prima età) e come crisalide.
I principali danni derivano dall’attività trofica delle larve che causa la distruzione di una parte del fogliame e che in caso di forti attacchi può determinare l’arresto dello sviluppo della pianta, specie nei giovani impianti.
Gli attacchi di margaronia ostacolano il normale accrescimento dei rametti e dei germogli influendo così sia sullo sviluppo complessivo della pianta che sul raggiungimento e mantenimento della forma di allevamento scelta.
Particolarmente nocivi risultano gli attacchi tardivi (dal 10-15 settembre in poi) in quanto danneggiano gli accrescimenti di fine estate-inizio autunno determinando il ritardo della ripresa vegetativa nella primavera successiva. In caso di infestazioni particolarmente gravi possono essere attaccate anche le drupe.
Difesa
Di norma gli attacchi di margaronia non giustificano interventi chimici poiché, in oliveti adulti, non causa danni di interesse economico. Inoltre è tenuta a freno dai trattamenti eseguiti contro la mosca delle olive.
Sugli impianti giovani, alla presenza dei primi stadi larvali, come anche in via eccezionale sugli impianti in piena produzione a seguito di un accertato consistente attacco, è consentito trattare col Bacillus thuringiensis. Il trattamento è efficace alla comparsa dei primi danni in presenza di larve ai primi stadi di sviluppo (I° e II° stadio).
Tra gli antagonisti naturali ricordiamo l’Imenottero Braconide Apantheles syleptae Ferr. e il dittero tachinide Ctonophorocera sp.

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3. I vantaggi economici ed ambientali del recupero dei reflui

Secondo uno studio condotto da Aipo con le Università di Perugia e Padova si spende 1 milione di €/anno in meno. Le acque di vegetazione servono anche per la fertirrigazione degli impianti viticoli e nell’alimentazione zootecnica e umana.
Parole d’ordine: eco-compatibilità ambientale ed eco-sostenibilità economica. A questo punta la ricerca in olivicoltura, produzione simbolo del made in Italy, i cui sottoprodotti di lavorazione rappresentavano fino a poco tempo fa per le aziende olivicole un onere in termini economici e burocratici. Grazie a importanti investimenti nell’innovazione, gli scarti oggi non sono più rifiuti da smaltire ad alto impatto ambientale ma risorse eco-compatibili e per di più sfruttabili per aumentare il reddito aziendale, chiudendo il ciclo produttivo secondo il paradigma della cosiddetta circular economy.
È il percorso di ricerca che, attraverso fondi europei volti al miglioramento dell’impatto ambientale dell’olivicoltura, da qualche anno Aipo, Associazione interregionale di produttori olivicoli aderente a Unaprol-Consorzio olivicolo italiano, sta portando avanti con le Università di Perugia e Padova.
Bioenergie
I processi di recupero dei reflui, che nel primo triennio del progetto ha riguardato sanse vergini e nocciolino mentre dal 2012 a oggi sta puntando sulle acque di vegetazione, hanno dato una seconda vita a questi sottoprodotti, mettendo in luce nuovi scenari di valorizzazione economica e nuovi filoni di ricerca impensabili alcuni anni fa, come l’alimentazione umana. Tra le ricadute, anche il rafforzamento di comparti affini al settore olivicolo, come la meccanica olearia.
L’ambito di utilizzo più sviluppato è senz’altro quello delle bioenergie. Dai noccioli triturati si ricava il nocciolino, un combustibile legnoso ad alta resa ampiamente utilizzato per la produzione di energia termica sia in ambito residenziale, sia in quello industriale. Nel solo Veneto se ne producono circa 18mila q/anno. Sul mercato il nocciolino è quotato fra i 12 e i 18 €/q, un range di guadagno assolutamente interessante, soprattutto se si pensa che il suo smaltimento come rifiuto semplice equivarrebbe per il frantoio a una spesa di circa 320mila €/anno.
Variegate le possibilità di valorizzazione economica delle sanse vergini, derivanti dalla parte fibrosa del frutto e da frammenti di nocciolo che, da rifiuto come erano classificate in base alla precedente normativa, possono oggi essere impiegate dopo centrifugazione come biomassa o fertilizzanti. I dati elaborati da Aipo sono incoraggianti. Considerando che sono circa 60mila i quintali di sanse che i frantoi veneti producono a ogni campagna olivicola soltanto nel territorio regionale, significa un risparmio complessivo annuo di oltre 180mila €, quasi 3.500 € a frantoio.
Usi-diversi
L’ultima frontiera su cui si sta concentrando la ricerca, guidata da Maurizio Servili del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università di Perugia, è quella riguardante il recupero, la potabilizzazione e l’uso delle acque di vegetazione. Secondo le precedenti procedure di smaltimento costituivano un costo annuo di circa 400mila € per l’intero comparto olivicolo regionale, che ne produce annualmente oltre 120mila q. Anche se per avere dei dati definitivi bisognerà attendere, la sperimentazione sta dimostrando che per i loro contenuti di oligo-elementi le acque di vegetazione risulterebbero un ottimo supporto per la fertirrigazione degli impianti viticoli, come concime fogliare, e nell’alimentazione zootecnica e umana.
Nel complesso, i vari processi di recupero dei reflui avviati da Aipo permettono una contrazione delle spese di smaltimento pari a quasi 1 milione di €/anno per il comparto.
E’ stato inoltre presentato un macchinario di seconda generazione a due fasi per il trattamento su membrana delle acque di vegetazione installato nel frantoio della Cooperativa agraria di Riva del Garda. La tecnologia è quella utilizzata in enologia ma adattata per l’impiego nei frantoi dalla Permeare di Milano. Si tratta di uno dei primi impianti industriali, in tutta Italia ve ne sono pochissimi.
Nuova frontiera
«Il processo abbatte il carico inquinante delle acque di vegetazione e ottiene un concentrato polifenolico di cui stiamo studiando potenzialità e utilizzi ad ampio spettro. Prima del trattamento le acque hanno un concentrazione tra 3 e 5 g/l di fenoli, dopo si arriva a 25-50 g/l a seconda delle caratteristiche di partenza delle olive – spiega Servili –. Le acque così trattate possono servire per il lavaggio per chiudere il ciclo di lavorazione senza il refluo di partenza. Ma la nuova frontiera è senz’altro quella per l’impiego esterno, ad esempio la concimazione fogliare biologica la cui sperimentazione partirà con la campagna di quest’anno su vigneti, e soprattutto per l’alimentazione umana per produrre alimenti funzionali caratterizzati dalla presenza di sostanze fenoliche antiossidanti e per stabilizzare alimenti. Utilizzi, questi ultimi, che prevedono un’ulteriore attività di ricerca in relazione ai claim europei sui fenoli dell’olio extravergine. I risultati in termini di opportunità produttive e scalarità industriale sono al momento molto positivi e lasciano ben sperare».

In questo contesto di ricerca sono stati ottenuti, oltre ad oli extravergini di oliva con proprietà funzionali, yogurt, formaggi freschi, sughi pronti e bevande analcoliche arricchiti di sostanze fenoliche bioattive. Un altro impiego è quello come stabilizzante negli oli da frittura e come antiossidante nelle carni al posto di nitriti e nitrati di sintesi.

La sperimentazione nell’ambito zootecnico è invece già una realtà in alcune stalle umbre, pugliesi e lombarde, ed è partita dapprima su ovini e bufale, poi su frisone da latte. Il concentrato polifenolico delle acque insieme alle sanse denocciolate viene miscelato a foraggi secchi per fare insilati. Il latte prodotto ha una maggiore concentrazione di acido oleico e di vitamina E ed è più stabile nella sostanza grassa, ossidandosi meno nel processo di caseificazione. Nei bovini da macello infine stabilizza il colore della carne nel tempo con risvolti utili una volta che fettine e altri tagli finiscono a scaffale.

«Abbiamo ottenuto un grandissimo risultato sia per il risparmio per i frantoiani, sia per l’indotto che si è creato in altri settori. È nata ad esempio un’azienda che produce stufe alimentate esclusivamente a nocciolino. Il progetto è senz’altro da esportare in altre parti d’Italia – commenta soddisfatto il presidente di Aipo Albino Pezzini –. Prima i reflui, tra costi di smaltimento e burocrazia per ottenerne l’autorizzazione, gravavano circa 10mila €/anno a frantoio. Attraverso le tecnologie messe a punto non solo non ci sono costi, eccetto l’investimento iniziale per i macchinari, ma addirittura gli scarti producono un guadagno. Penso alla sansa esausta che aziende di produzione di biogas comprano ai frantoiani».

Tratto da Olivo e Olio – 5/2014 di ALESSANDRA SGARBOSSA

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